La tappa odierna nel nostro percorso verso il Giappone ci conduce nella terra dei canguri. Là dove esistono mostri pronti a ucciderti in qualsiasi angolo. Un posto che, a detta di pochi grandi visionari (seee…), in realtà sarebbe un’invenzione americana per giustificare la presunta ed erronea sfericità terrestre. Di sicuro siamo in una delle nazioni del grande rugby. O che perlomeno vantano una tradizione in tal senso, poiché le ultime stagioni non sembrano rimarcare tale grandezza passata. Ovviamente parliamo della
Il punto di partenza da cui far fluire tutto il discorso che riguarda i Wallabies è questo: nessuno punterebbe uno scellino su di loro come campioni finali della Rugby World Cup. Forse solo qualche tifoso sfegatato e incallito. E soprattutto all’oscuro del trend più che negativo dei ragazzi di Cheika. Ossia un ossimoro ovale: amante e ignorante allo stesso tempo.
Non è un caso che lo scorso autunno, nel test match contro gli Azzurri, in molti tifosi australiani speravano in una prima storica disfatta dei bicampioni del mondo contro la compagine di O’Shea. E se il TMO non avesse annullato la meta di Tebaldi, forse oggi parleremmo di un’altra storia, un’altra nazionale (sia nostra che loro), un’altra guida sulla panchina Wallabies. Cheika è super-criticato in patria e a ben ragione visti i risultati disastrosi del 2018. Nel 2019 si è iniziato con il terribile caso Folau, le cui ultime notizie continuano a lasciar presagire lunghe ed estenuanti battaglie legali tra le due parti. Infine le prime due partite del Rugby Championship di quest’anno hanno prodotto ben poca sostanza: una prova al limite dell’imbarazzante contro il Sudafrica e una vittoria casalinga di misura contro un’Argentina più spenta che mai e incapace di intraprendere il percorso fenomenale compiuto in stagione dalla franchigia dei Jaguares. È vero che, matematicamente, i giochi per il primo posto assoluto nel torneo non sono ancora stati scritti. L’Australia potrebbe ancora fare il colpaccio, che manca dal 2015, ma per riuscire nell’impresa dovrebbe sconfiggere a Perth gli All Blacks, che paiono sì sottotono, ma restano comunque una spanna sopra tutti. La partita del prossimo weekend varrà anche come primo incontro per la Bledisloe Cup e vedrà finalmente il rientro di Pocock tra i padroni di casa. Hansen ha però già dichiarato che la doppia sfida con gli Australiani per la coppa contesa tra le due super-potenze ovali downunder è al secondo posto nel grado di importanza dei trofei da raggiungere quest’anno. Prima la RWC, poi la Bledisloe e, di riflesso, se si vince la Bledisloe si punta anche a riconquistare il TRC, che comunque rimane dietro nelle priorità tuttenere.
Cosa aspettarsi dunque dai Wallabies in questa edizione nipponica del mondiale? La pool è veramente ostica. Quello che per molti è il girone di ferro ovale: Galles, reduce dal Grande Slam del Sei Nazioni, Georgia e Fiji, mai da sottovalutare, e il piccolo Uruguay. I Fijiani hanno già dichiarato che puntano a battere i Canguri. E se ci riuscissero addio qualificazione ai quarti per l’Australia. Di fatto, se avvenisse una tale disfatta, il loro potere rugbistico verrebbe drasticamente e drammaticamente ridimensionato. Quasi cesserebbe di esistere. L’Australia non ci sarebbe più. E torniamo al fatto che forse i grandi luminari di cui accennavamo all’inizio non hanno tutti i torti. Sta tutto ai Wallabies. È una questione di sopravvivenza.