
La normalità stravolta da uno degli esseri (viventi?) più piccoli in natura: il VIRUS
“Roma – La Federazione Italiana Rugby, facendo seguito alle ordinanze disposte dalle autorità competenti e del CONI in tema di contenimento dell’emergenza epidemiologica in atto, ha assunto i seguenti provvedimenti per il fine settimana del 28 febbraio-1 marzo:
– sospensione dell’attività dei Campionati nazionali e, per allineamento, di tutti i Comitati Regionali inclusa tutta l’attività e i concentramenti giovanili […]”
Era il 24 febbraio quando il Nostro mondo ha cominciato a tremare. Da una parte sembra uno scherzo, non poteva essere vero, che una cosa simile, scoppiata migliaia di chilometri di distanza ci avesse raggiunto, ma anche intimoriti da una situazione pandemica che l’abbiamo vissuta solo su qualche libro di storia o in qualche romanzo.
Due mesi di chiusura totale, l’erba che piano piano riprendeva a nascere e a ricoprire interamente i campi e noi allenatori, tutti davanti a uno schermo a continuare un’attività fatta di contatto ma a questo giro un contatto senza contatto.
Poi è arrivata l’estate e quella parvenza di ripresa sempre un po’ in bilico, senza mai sbilanciarsi troppo. Il campionato veniva fatto slittare sempre più in là, cercando una normalità che poco dopo si è trasformata in una seconda chiusura, novembre con buona pace di tutti quegli sforzi fatti dalle società per cercare di seguire protocolli per la sicurezza di tutti gli atleti, disinfettanti, distanziamenti, sierologici e chi più ne ha più ne metta.
Bisogna dire però che FIR e CONI si sono battuti per poter far continuare le attività in sicurezza, stilando sempre dei protocolli per salvaguardare la salute di tutti i tesserati e di chi sta intorno alla squadra, ma nulla è servito per poter riprendere le attività.
Molte società hanno continuato con gli allenamenti in forma individuale, per poter dare ai ragazzi la possibilità di continuare ad allenarsi sul campo e non in giro per la città o per i più fortunati, in giro per campi e boschi. Però le confezioni d’acqua, le piastrelle, gli amici pelosi hanno preso il posto della ghisa, i materassini il posto di sedie o tappeti, perché le palestre le hanno chiuse a metà ottobre.
Da dopo Pasqua però la federazione ha dato qualche barlume di speranza a tutti, stilando un protocollo che prevede, non solo la ripresa degli allenamenti in forma individuale (che non sono mai cessati), ma anche un’introduzione graduale al contatto e, in forma non obbligatoria, la possibilità di partecipare a un campionato che ha più l’aria di un torneo estivo. Il tutto però con costi che molte società non riusciranno a sostenere. È vero, la federazione viene incontro alle varie società ma pensare di comprare 80 tamponi la settimana (prezzo scontato 2.80€ a tampone) per 4 categorie (under 14 a seniores + tutti gli staff) diventano cifre abbastanza alte.
Ma da lunedì 26 aprile tutto è nuovamente cambiato! Stop ai tamponi e via al gioco! Possiamo dividere il popolo in due i felici e gli scettici.
Io sono nei felici, ma con pensieri scettici. Non parliamo di pandemia, parliamo di rugby! Sono proprio curioso di sapere come affrontate questo inizio di contatto con-tatto, visto che siamo ormai da un anno fermi!
Personalmente per riprendere, in qualsiasi categoria, l’obiettivo è quello di cercare di abbassare la “foga agonistica” dei ragazzi e far riprendere il concetto di affetto con il contatto, sia umano che con il terreno. Quindi rimettersi a fare quello che tutti conosciamo come “tecnica”. In pratica un rientro controllato, senza eccessi per riprendere tutto quello che abbiamo perso in un anno.
Se avete voglia scrivetemi anche voi la Vostra idea di ripresa!