ROAD TO JAPAN: IRLANDA

Mancano ormai pochissime tappe prime del nostro arrivo in Giappone. Pochissime settimane prima dell’inizio di questa IX edizione della Rugby World Cup. Il nostro viaggio fra le varie compagini che si sfideranno per la vittoria finale ci conduce nuovamente in Europa. In una delle terre ovali per eccellenza. In una terra di prati incontaminati, venti possenti, piogge frequenti. Una terra divisa da tradizione e religione nella storia, ma unita nella bellezza del nostro sport oltre i dissidi politici e le frontiere territoriali. Siamo giunti in

Irlanda

Fino ai primissimi giorni di febbraio di quest’anno i Trifogli irlandesi erano senz’ombra di dubbio gli avversari più temibili per gli All Blacks in chiave mondiale. La loro qualità di gioco, le mani veloci, la costanza nei risultati della stagione passata, insieme a un giocatore eccezionale come Sexton, un’oculata preparazione alle partite di Schmidt e una rosa incredibilmente lunga e competitiva, rendevano i folletti come favoritissimi per la finale. E, si sa, la finale è una partita secca, dove tutto è possibile. Certo, per i neofiti del mondo ovale o per chi si fosse risintonizzato sulle frequenze rugbistiche in preparazione alla Coppa del Mondo, magari guardando gli Azzurri a Dublino nel primo incontro di warm-up estivo, l’Irlanda attuale non pare essere per nulla al livello delle big planetarie. Nuova Zelanda, Galles, Inghilterra, Sudafrica. Sarà per questo che il buon Gritti durante uno degli eccellenti interventi in telecronaca sabato scorso ha ribadito che la formazione tuttaverde punta alla semifinale? Davvero? Una delle altre quattro grandi appena citate potrebbe essere scalzata da Rory Best & friends? Alcuni diranno: certamente! Anzi, fino a pochi mesi fa un’affermazione del genere sarebbe stata tacciata di blasfemia per la sua durezza nel minimizzare le qualità irlandesi. Ma analizzando i risultati e, ancor di più, la qualità del gioco irlandese si nota un deciso e drammatico passo indietro rispetto alle prodezze del 2018. Due su tutte: il Grande Slam nel Sei Nazioni e la seconda pazzesca e bellissima vittoria contro i neozelandesi.

E quest’anno invece? I problemi potrebbero essere sintetizzati in tre punti. Primo: l’aumento della qualità delle avversarie. L’Inghilterra che ha vinto nella giornata di apertura del Sei Nazioni 2019 a Dublino non è la stessa che è stata sconfitta nell’edizione passata. I ball carrier in forma e in palla, che poi sono i 13/15 della rosa della Rosa, hanno fatto il loro, denotando le difficoltà in termini di peso a cui la squadra di Schmidt deve far fronte. Del Galles asceso in cielo poi non ne parliamo. Secondo punto: la leggerezza nell’affrontare le piccole. Qui ci duole il cuore, ma bisogna essere onesti fino in fondo: se l’Italia al massimo delle sue aspirazioni e nel meglio della propria forma può sperare di lottare per arrivare ai quarti di finale, mentre l’Irlanda in crisi lotta concretamente per un posto tra le prime quattro, vorrà pur dire qualcosa. L’Italia è piccola di fronte a una grande Irlanda. E quel che ci si aspetta dall’Irlanda è che schiacci una piccola. Ma sia a Roma nel massimo torneo continentale che pochi giorni fa in casa propria l’Irlanda ha dimostrato di non essere incisiva come ci si immaginerebbe. Se nell’ultimo incontro i dubbi possono essere messi in secondo piano dal fattore “primo incontro estivo pre-mondiale”, anche traducibile con un più comprensibile “provo tutto, anche Bergamasco a mediano di mischia”, sul match dello scorso Sei Nazioni le giustificazioni lasciano il tempo che trovano. Ultimo punto: l’involuzione di Johnny Sexton. Dalle stelle alla normalità (alle stalle non ce la sentiamo ancora di affermarlo). Dall’essere il miglior giocatore dell’anno 2018 al riconoscersi un buon 10. Carbery scalpita, sperando di riprendersi per tempo dalla botta subita contro l’Italia. O ci sbagliamo?

Gli Irlandesi vittoriosi nell’ultimo incontro contro gli Azzurri.

Forse ci sbagliamo. È vero. Forse stiamo riducendo troppo le qualità di quella che è una formazione veramente d’altissimo livello. Forse alla fine quello che sta succedendo nel segreto della preparazione irlandese altro non è che quello che sta accadendo in quella All Blacks, nella quale si prepara il mondiale a discapito di tutto. Dei trofei annuali, del bel gioco, dei risultati immediati. E se del futuro percorso della Nuova Zelanda in Giappone non siamo così tanto insicuri… perché dovremmo esserlo di quello dell’Irlanda? D’altronde se i tuttiverdi vincessero il test-match di Londra sarebbero clamorosamente primi nel ranking IRB, scalzando i gallesi che sono appena approdati sul tetto del mondo. Irlanda sopra tutti? Irlanda in finale? Irlanda campione? Chi avrebbe il coraggio di giocarsela?

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