La tappa di quest’oggi è una tappa molto complicata. Ci aspetta l’analisi di una delle squadre più forti e più imprevedibili del mondo ovale e della storia ovale. Parliamo dei nostri cugini d’oltralpe. Parliamo della
Les Blues sono forti. Lo sono stati. Lo possono essere. E lo dovrebbero dimostrare. Partiamo da questo assunto di base. Però… ci sono dei però. Un lungo elenco di però, che si contrappone tra le speranze di ben figurare nel mondiale giapponese e le, purtroppo per loro, concrete possibilità che tutto possa sfumare in un nulla di fatto. O peggio ancora: in una terribile figuraccia.
Andiamo con ordine. Partiamo dal caos. Il caos che sembra regnare sovrano nella realtà francese delle ultime stagioni. Cambi di ct a metà ciclo (vedi il cambio Novès-Brunel), nomi selezionati e nomi esclusi nella lista dei giocatori (vedi Parra), addii dal rugby internazionale il giorno dopo l’esclusione dalla lista per la preparazione al mondiale (vedi Bastareaud), l’annuncio che il Top14 ripartirà per la stagione 2019/20 mentre ancora il mondiale sarà in corso, i tentativi di “colpo di stato” del magnate tolonese Boudjellal, che punta per la seconda volta alla presidenza della LNR, a suon di: “siamo economicamente come gli All Blacks, possiamo esserlo anche sportivamente“.
Ecco. Passiamo poi ai risultati. Altalenanti e mai del tutto convincenti. Un 2018 difficile con solo tre vittorie (Inghilterra, Italia e Argentina) e tutte le altre sconfitte, tra cui quella autunnale, terribile e storica, contro Fiji allo Stade de France. Un 2019 che è iniziato in linea, vedendo i (pochi) risultati raggiunti nel Sei Nazioni, nel quale i ragazzi di Brunel hanno battuto in casa la Scozia e hanno faticato a Roma nell’ultimo match. E nel mezzo la batosta inflitta dagli Inglesi, tutt’altra formazione rispetto a quella del torneo precedente.
Ma oltre ai risultati, le prestazioni sono scricchiolanti. Il ricambio generazionale potrebbe, e probabilmente dovrebbe, essere più facile, più massiccio, più auspicabile. Specialmente vedendo i risultati dei bi-campioni del mondo Under 20. I giovani vincono. I grandi non convincono. E questo malgrado nomi molto interessanti comparsi nel panorama transalpino negli ultimi mesi: Ntamack, Dupont, Ramos. Ma anche Bamba, Serin, Penaud. O il ritorno di Guitoune, capace di soffiare il posto a Bastareaud.
Infine la pool. Inghilterra e Argentina, che non sono le stesse che son state battute due anni fa. Tutt’altro. L’Inghilterra vuole mantenere la fama di schiacciasassi e proporsi come alternativa allo strapotere tuttonero downunder. L’Argentina, se fosse capace di far fare il salto a risultati e prestazioni ottenute coi Jaguares alla nazionale… beh, potrebbe fare paura a tutti. Ma proprio a tutti. E poi Tonga e Stati Uniti, con quest’ultimi quasi di sicuro relegati a squadra cuscinetto. Ma gli isolani potrebbero essere degli ossi più duri del previsto. O almeno sarebbero potuti esserlo, se solo molti giocatori non avessero dato il proprio niet alla convocazione. Perché, si sa da sempre ma non lo si dice quasi mai, gli isolani che giocano in Francia sono costretti a saltare le RWC perché il campionato europeo inizia in concomitanza con la competizione mondiale. E le squadre francesi, che possono battere i pugni, (non) obbligano i propri giocatori tongani-samoani a rimanere lontani dalla patria. Il potere dei soldi. Inoltre a pensar male… che in Francia si abbia paura di non raggiungere nemmeno il terzo posto nella pool?