HANNO AMMAZZATO PABLO, PABLO E’ VIVO

Grafica Marco Stroscia

Il Sudamerica ci ha sempre regalato appassionanti telenovelas: da Anche i ricchi piangono a Topazio, passando per Andrea Celeste. Avventure, ma più spesso disavventure, di protagonisti iconici i quali, passando da tutte le disgrazie possibili arrivando puntualmente al lieto fine, hanno dettato mode e tendenze. Ed in quanto icone hanno suscitato al contempo ammirazione e denigrazione, simpatie ed antipatie, ma mai indifferenza.

Ed anche oggi siamo al centro di una novela sudamericana, argentina per la precisione, che ha come protagonista il capitano dei Pumas Pablo Matera e due suoi compagni di squadra Guido Petti e Santiago Socino colpevoli di aver scritto, ma soprattutto pensato, tweet razzisti. Le cui pubblicazioni risalgono agli anni 2011 – 2013.

Chiariamo, discriminare ed offendere le persone è sbagliato, è un’azione misera, miserabile e spregevole. Quindi non ci sarà da parte mia alcuna giustificazione.

Quello che non capisco è il motivo per cui tutto ciò emerga ora, anno domini 2020, esattamente 9 anni dopo l’episodio incriminato, adesso che i Pumas sono tornati a graffiare, alla vigilia di un match peraltro molto importante. Non me ne vogliano gli altri due imputati ma prendiamo il capitato, Pablo Matera che neanche un mese fa è stato eretto come vessillo di orgoglio argentino quando ha guardato l’arbitro dritto in faccia e gli ha detto che non permetteva all’avversario di metterlo in ridicolo perché lui lì stava rappresentando il suo paese. Roba che Madonna in ‘Don’t cry for me Argentina’ levati proprio. Ecco come siamo passati da eroe a vergogna nazionale? Non lo sapeva la sua federazione che a 18 anni era un po’ fava come molti altri? E se lo sapevano, e lo sapevano, perché lo hanno dovuto crocifiggere proprio adesso?

Ripeto, quello che ha scritto è aberrante, ma lui è la stessa persona di 9 anni fa? La tempistica e la strategia della UAR è grave tanto quanto le affermazioni incriminate, non voglio parlare di gomblotti orchestrati da chissà chi, ma se Matera si è redento (sempre per restare a tema biblico), allora qui si vuole distruggere un simbolo molto forte. E questo mi fa più paura di un discorso idiota di un ragazzino di 18 anni ormonato.

Concludo con un episodio di casa nostra di qualche anno fa quando i miei Medicei, ancora in SerieA, ospitarono l’Accademia per un turno di campionato. Si presentò una squadra gonfia di arroganza e tracotante presunzione che credeva di suonare e fu suonata bene bene. Tanto che i giocatori in preda alla frustrazione pensarono bene anche di insultare il pubblico ed a fine partita ebbero pure il coraggio di affermare che avevano perso per una simpatia arbitrale verso il nostro allenatore. Li avrei presi volentieri a calci in culo, tutti, ma era solo un momento di demenza e come tale fu trattato.

Non ho picchiato nessuno giuro.

Come recita un vecchio adagio errare humanun est, perseverare diabolicum, quindi ribadendo che certe affermazioni denotato la più totale imbecillità, cerchiamo di farne tesoro e non stiamo a guardare la pagliuzza nell’occhio dell’altro quando nel nostro c’è una muraglia. Come diceva uno bravo ma che non ha fatto una bella fine.

Oppure, se preferite, non dare del cornuto all’asino se sei il bue.

E se un giorno è caduto, è caduto per caso, pensando al suo gallo o alla moglie ingrassata. Hanno ammazzato Pablo, Pablo è vivo! F. De Gregori

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