ROAD TO JAPAN: ITALIA

Abbiamo tenuto questa tappa per ultima. La nostra tappa. Quella del cuore, dell’orgoglio, del dolore. La tappa finale prima del Giappone, prima della Rugby World Cup che inizia domani, prima del rugby giocato… è casa nostra.

Italia

E abbiamo tenuto l’Italia per ultima per due motivi principali. Il primo è la gioia, la speranza, la fiducia. Nei ragazzi, nello staff, nelle ambizioni. Sì, perché arrivare al giorno prima del mondiale e sputare nel piatto in cui si mangia è da infami. Perché diciamocelo, tutti possiamo criticare le scelte tecniche, le scelte tattiche, le scelte dirigenziali, le scelte in generale. Tutti lo facciamo, d’altronde il nostro è un paese di santi, navigatori e allenatori. Ma alla fine quando giocano gli Azzurri tutti pendiamo dalle loro labbra. Metaforicamente mangiamo le loro prestazioni e ci incazziamo quando va male e godiamo le poche volte in cui va bene. Urlare contro uno, contro tutti, contro Gavazzi, contro O’Shea, contro Parisse, contro chiunque… adesso non ha senso. Saremmo masochisti e godremmo della disfatta. A quel punto l’unica soddisfazione sarebbe dire: “ecco, io l’avevo detto”. Gran bella soddisfazione. Gran brutta soddisfazione. Noi invece vogliamo sostenere i nostri ragazzi. Comunque vada alla fine saremo lì ad applaudirli.

L’Italia a terra di quest’estate. Qui contro gli inglesi a Newcastle.

Il secondo motivo è il dolore. Quello del Ghira seduto in panchina col ghiaccio sul ginocchio che piange alla fine della disfatta di Roma nel Sei Nazioni contro la Francia. Quello dei ragazzi out per infortunio. Quello dei tifosi che vedono dei test match di basso profilo durante l’estate e assistono attoniti a vicende da soap opera riguardo a commissari tecnici e commissari investigativi anti-scommesse che indagano sui commissari tecnici. Il dolore di ritrovarsi nella stessa situazione sempre, anno dopo anno, ciclo dopo ciclo, decennio dopo decennio. E non saper più come uscirne. Saremo di nuovo terzi alla RWC: qualificati di diritto alla prossima edizione e nulla più. Grandi con i piccoli e piccoli con i grandi. La strada è già tracciata e segnata, non rimane altro che seguirla. E allora giù a dar la colpa al governo ovale, al ct, al capitale umano, ai diritti TV, al rugby tutto. A piangerci addosso siamo bravi da sempre.

Fiducia e dolore. Incredibilmente coesistono. Convivono come coinquilini che non si sopportano più da tempo eppure ancora non sanno dirsi addio. Prima o poi la loro storia dovrà finire. Forse non domani, forse non il prossimo mese. Forse i nomi dovranno cambiare, forse i tempi dovranno maturare. Tanti forse e tanti dubbi.

Una proposta: ripartiamo dalle certezze. Qualcosa che funziona c’è. Basta cercarlo. Se avete bisogno di una mano vi offriamo una pinta di birra nella nostra taverna pirata e ne parliamo assieme. Vedrete che qualcosa di buono c’è, magari sotto qualche sedia o dietro qualche tavolo. Ma vedrete che qualcosa troveremo. E da lì ripartiremo.

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